A tavola con i Sumeri


È un viaggio nel tempo l’esperimento condotto da un gruppo di studiosi dell’Università di Monaco, guidati dal professore Walther Sallaberger, docente di Assiriologia. Il viaggio li ha condotti all’origine della birra, in Mesopatamia, tra i Sumeri, laddove sembra sia nata la professione del birraio.

La sfida del gruppo di lavoro di Monaco è stata ricreare l’antica bevanda sumera, di uso quotidiano, economica e di facile produzione, non era filtrata, era densa ed opaca. Vi erano due principali tipologie: una birra d’orzo chiamata sikaru (pane liquido) e un’altra di farro detta kurunnu.
L’orzo era alla base di moltissime ricette nell’antica Mesopotamia. Incontro a Roma il professor Sallaberger che racconta di un pane d’orzo a forma di piadina, doppia quattro centimetri e di diciotto di diametro, in cui non erano aggiunti lievito, fermenti, spezie, sale. «Sapeva solo di orzo – dice – la sensazione era come di masticare fili d’erba secca. In laboratorio abbiamo ottenuto una birra che ha il sapore di cereali» e mostra foto di recipienti con il frutto dell’esperimento. La birra sumera è ben lontana dalla nostra chiara classica, limpida e cristallina. In foto il colore varia dal giallo ocra al marrone chiaro e la consistenza è molto compatta, come quella dei succhi di frutta fatti in casa. Sembra che la birra fosse liofilizzata e che si aggiungesse l’acqua poco prima di consumarla. Non era confezionata, quindi.
Il cibo è cultura e di questo non dovremmo mai saziarci. Mi sforzo, guidata dalle parole del professore Sallaberger, di immaginare il menu sumero e mi abbandono alla curiosità. In alcuni testi risalenti al III millennio avanti Cristo, in cui si descrivono banchetti e libagioni, si fa riferimento anche alla zuppa di semola d’orzo e legumi (ceci o fave), arricchita con spezie, sale, pesce e carne, cotta in calderoni e servita in ciotole della capienza di un litro. «Queste zuppe avevano la consistenza della ribollita fiorentina», chiosa Sallaberger. Sebbene l’orzo fosse l’alimento base della dieta dei Sumeri, non mancavano carne di pecora, cipolle, aglio e crescione, ma solo per gli invitati di alto rango. L’orzo era declinato anche sottoforma di dessert, accanto a datteri e panna. E se il dolce a fine pasto era solo per ricchi, la frutta a tavola era solo per i re.
La birra aveva anche un significato religioso nell’antica Mesopotamia, con tanto di divinità. La dea Ninkasi, citata in due manoscritti, uno custodito a Berlino e l’altro al Louvre di Parigi, è descritta come nata dall’acqua fluente e dal lievito naturale. Nella traduzione, fa notare Sallaberger, ci sono però elementi che contraddicono i documenti ufficiali. Ad esempio, è descritta l’aggiunta di erbe e miele alla birra. Oggi la dea Ninkasi, come una moderna Valchiria, ammicca al consumatore dall’etichetta di alcune birre tedesche. Una trovata commerciale che ha fatto storcere il naso agli studiosi.
Ciò che, però, ancora oggi mette d’accordo è che “la birra migliora il nostro umore, rallegra il nostro cuore”, come recita un antico “canto di bevuta”.

 


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